Sparate a zero
Galleria 2000, Bologna, 1975
MARINA PIATTI, milanese pittrice,
a Milano residente ed attivamente operante è innanzi tutto un personaggio.
L’ Artista, infatti è una giovane signora che nulla ha della vanesia giovincella in vena di millantare ogni minimo parto della propria fantasia: alta e flessuosa, intricata e libera ( nel linguaggio ragionato e civettuolo ) come gli “intrecci floreali” d’un suo trascorso periodo creativo, essa d’un subito si rivela imprevedibile pittrice. La sua dialettica, brillante e paradossale, fra l’humor di un Oscar Wilde e un “autofagocitarsi” pirandelliano da “giuoco delle parti”, propone un suo particolare operare, un gioco – appunto – intellettuale, come le opere della sua mostra di Milano, alla Galleria del Melograno, dello scorso 1974 e quelle dell’attuale, alla bolognese Galleria 2000. Filosofia dipinta – filosofia visiva- giuoco estetico senza “ vincitori né vinti”( è stato detto): scacchiere in materiali varii, a specchio, a specchio- cattedrale, a collages, a granoturco e riso, a porte, Marina Piatti ne fa comunque oggetto di sartriana riconversione in sé stessa, uno specchiarvisi certo non per edonistico narcisismo ma semmai per narcisistica interiorità.
Già pittrice anche di espressivi ritratti, ora ne “dipinge” al vivo le immagini, riflettendosi – e facendo riflettervi i visitatori della mostra- nelle sue scacchiere a specchio, ora a mosaici di tassello, ora a quadrati come tavola di dama a colori totalmente degradanti e talvolta sezionati da una simbolica linea di demarcazione, sì che i “ritratti” ne risultino riflessi a contorni evanescenti come sommersi in acqua appena mossa. Uno impietoso costringere gli uomini a guardarsi dentro, oltre la luciferesca carcassa esteriore, anche quando nella scacchiera cereali e porte simbolicamente sostituiscono lo specchio per indurli a ripensamenti sociali, o- come in queste frecce simboleggianti fucili delle opere ora esposte a Bologna- a meditazioni sulla imperversante violenza nel mondo. Scacchiere a tasselli tonali legati a contorni di piombo, disposti su piani orizzontali ma così da ricevere luce e suscitare trasparenze cromatiche simili a vetrate di cattedrali ed altre ancora altrettanto simboliche con applicati tasselli di carta stagnola. Arte, o comunque giuoco simbolico; introversa poesia intellettuale –cerebrale mai – che l’ossessivo richiamo al quadrato come forma di perfezione assoluta, comunica tuttavia al riguardante un sensazione di superiore bellezza: d’impegno intellettuale ed anche di umana poesia.
Spartaco Balestrieri